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100 Milioni per la Trasformazione Digitale delle PMI

Digital Trasformation

E’ stato registrato dalla Corte dei Conti ed è in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo economico che favorisce la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese, attraverso l’applicazione di tecnologie avanzate previste nell’ambito di Impresa 4.0 e di quelle relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera.

Per questa misura agevolativa sono stati stanziati 100 milioni di euro dal Decreto Crescita, con l’obiettivo di sostenere la Digital Transformation delle PMI nel settore manifatturiero e in quello dei servizi diretti alle imprese, nel settore turistico per le imprese impegnate nella digitalizzazione della fruizione dei beni culturali e nel settore del commercio, contribuendo così agli obiettivi di innovazione e di crescita di competitività dell’intero tessuto produttivo del Paese.

In particolare sono agevolati progetti per un importo non inferiore a 50 mila euro e non superiore a 500 mila euro, che possono essere presentati sia da imprese singole che associate, fino a 10 soggetti aderenti, mediante contratti di rete o altre forme di collaborazione in cui figuri, come capofila, un DIH – Digital Innovation Hub o un EDI – ecosistema digitale per l’innovazione.

La Digital Transformation riguarda tutte le tecnologie più avanzate quali advanced manufacturing solutions, additive manufacturing, realtà aumentata, simulation, integrazione orizzontale e verticale, industrial internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics, software, piattaforme e applicazioni digitali per la gestione e il coordinamento della logistica, e-commerce, sistemi di pagamento mobile e via internet, fintech, sistemi elettronici per lo scambio di dati geolocalizzazione, tecnologie per l’in-store customer experience, system integration applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things.
Le modalità e i termini di presentazione delle domande saranno disciplinate da un successivo provvedimento ministeriale.

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BLOCKCHAIN – La Self-Sovereign Identity

SELF-SOVEREIGN IDENTITY

LA SOVRANITA’ SUI DATI PERSONALI

Il periodo che stiamo vivendo così difficile, inevitabilmente cambierà la nostra vita e il modo stesso di viverla. Il lockdown (causato dal COVID-19), ci ha insegnato che la digitalizzazione non è più solo una moda del momento per innovatori, ma una vera e propria nuova strategia di tecno-sopravvivenza.

La Blockchain è un attuale candidato ideale come nuova tecnologia che può essere messa al servizio delle persone insieme ai sistemi di ecommerce, dei pagamenti digitali, delle assicurazioni digitali, delle app.

C’è un ambito più di altri in cui l’applicazione delle tecnologie Blockchain sarebbe però particolarmente utile e calzante: la gestione dell’identità digitale (insieme alla tracciabilità delle filiere agroalimentari, della notarizzazione di atti e processi, nella logistica, nella sanità).

Questa emergenza ha mostrato chiaramente quanto siamo ancora impreparati a gestire dati e informazioni sull’identità delle persone: l’attuale situazione contribuisce a rendere ancora più necessaria e urgente un’evoluzione del sistema tradizionale di gestione dell’identità.

In uno contesto di questo tipo, stanno già emergendo ulteriori preoccupazioni sulla privacy dei cittadini e i sistemi tradizionali di gestione dell’identità stanno mostrando i loro limiti. L’attuale discussione sull’APP IMMUNI, ne è un chiaro esempio, che a questo proposito allarma le persone per i potenziali pericoli dell’utilizzo improprio e/o fraudolento dei dati personali riferiti alla salute e agli spostamenti.

Un’adozione diffusa dell’identità digitale potrebbe venire in soccorso in questo momento, offrendo strumenti per gestire meglio informazioni personali e certificati.

Oltre a questo, è già da qualche tempo, che si parla sempre più della tema e della criticità della sovranità dei propri dati personali in riferimento al loro utilizzo ai fini commerciali e non solo, da parte del mercato e dell’industria.

Le sole normative nazionali e europee non sono ancora riuscite ad ottenere la loro massima efficienza nell’ambito della riservatezza e dell’utilizzo dei dati personali da parte dei terzi.

Il modello prevalente oggi in ambito di identità digitale è basato sulla presenza di “enti” (CA – Certification Autority) che svolgono la funzione di Identity Provider (IDP) ponendosi tra l’utente e il soggetto che richiede informazioni sull’identità dell’utente (service provider). Questo modello presenta numerosi limiti, tra cui:

  • Parziale controllo della persona/utente sulle informazioni condivise e sulla privacy dei propri dati;
  • Scarsa flessibilità nella creazione di soggetti in grado di emettere certificati;
  • Costi infrastrutturali rilevanti. Devono garantire la business continuity, sempre, gli identity provider devono mantenere dei sistemi che siano sempre in grado di rispondere a tutte le richieste provenienti dai service provider.

Un esplicito e quotidiano esempio lo vediamo e viviamo nel mondo del web e dell’utilizzo di app sugli smartphone.

Questo perché, nel web oramai interagiamo con qualsiasi tipo di servizio, applicazione, social network, e nel corso di queste interazioni comunichiamo e condividiamo informazioni personali, come il nome, l’età, la nostra residenza o il codice fiscale.

Ma non ci limitiamo soltanto a fornire dati anagrafici: spesso lasciamo traccia delle nostre preferenze (di acquisto, di consumo, di spostamento, dati sanitari, tendenze sessuali religiose politiche culturali, attività finanziarie, ecc.). E gli esempi potrebbero continuare sino all’infinito.

Sono tutte informazioni che riguardano la nostra persona e che sono archiviati/classificati/profilati nei vari database di organizzazioni pubbliche, private e grandi corporation multinazionali a cui, in qualche modo, abbiamo o stiamo cedendo la nostra “sovranità” di persona (chi siamo, cosa facciamo, ecc.).

1. UN’IDENTITÀ DIGITALE (ID) DISTRIBUITA

Queste organizzazioni, molto spesso acquisiscono i nostri dati personali, per classificarli/analizzarli e aggregarli, creando una serie di profilazioni della persona/utente.
Possiamo prendere come esempio i cosiddetti GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple), che hanno costruito una vera e propria “preziosa miniera” grazie alla raccolta/estrazione e all’utilizzo (in alcuni casi con modalità poco trasparenti) dei dati personali; in questo caso possiamo citare ad esempio anche la banca (con cui dialoghiamo attraverso l’account home-banking), la piattaforma di e-commerce (su cui abitualmente compriamo scarpe e abbigliamento), o il servizio di TV ondemand (al quale diciamo – sia pure inconsapevolmente – quali sono le nostre serie TV preferite e anche quando e dove siamo soliti guardarle), i servizi di cloud (dove conserviamo grandi mole di documenti, dati, foto, ecc.).

Facile immaginarsi la imponente quantità di dati che ogni momento scambiamo sul web e che nel tempo della nostra vita ininterrottamente collezioniamo digitalmente.

Le origini dei dati e le loro destinazioni dati sono illimitate ed è inevitabile che nel tempo, l’utente ne perda la gestione e controllo.

2. UNA SOLUZIONE AL PROBLEMA: LA SELF-SOVEREIGN IDENTITY – LA SOVRANITA’ SULLA PROPRIA IDENTITA’

Ora la Blockchain fornisce una soluzione per cambiare questo status quo “malato”; utilizzando la tecnologia della crittografia assimetrica (“chiave privata” e “chiave pubblica“), l’utente può disporre facilmente dei dati personali associati alla “chiave privata”.

In questo modo la gestione e il controllo dell’identità personale è totalmente decentralizzato, ripristinando la sovranità dei dati della persona/utente. A questo proposito si fa specifico riferimento al “Self-sovereign identity“.

Quali sono le pecularietà di questo new deal, basato sulla #Blockchaintecnology:

  • MAGGIORE SICUREZZA (RESISTENZA AD ATTACCHI O FURTI): la tecnologia Blockchain offre i vantaggi di un sistema decentralizzato, in cui il controllo dei dati è nelle mani degli utenti. Per gli hacker sarà quindi complesso effettuare attacchi malevoli o furti di identità perchè occorre accedere al device o al computer personale di ogni singola vittima. L’assenza di un “punto centrale” in cui si concentrano migliaia o milioni di dati, rende enormemente più difficoltoso l’operato di questi criminali.
  • IDENTITÀ UNICA: all’interno di un ecosistema Blockchain si potrebbe definire un’identità unica, che resta tale nel corso di ogni nostra interazione con applicazioni terze.  Sia per accedere alla propria banca, o acquistare un libro in una piattaforma di ecommerce o di chattare su un social netwaork, l’identità digitale non cambia perchè agli occhi del web sei la stessa persona, proprio come accade nella vita reale.
  • MINIMIZZAZIONE E ANONIMIZZAZIONE DEI DATI: i dati sono in tuo possesso e puoi decidere in piena libertà quali dati condividere e quali invece tenere confidenziali. Inoltre potrai condividere solo i dati strettamente necessari per avere un servizio. Poniamo ad esempio che tu voglia accedere al Bonus Cultura di 500 €. In un contesto blockchain è sufficiente comunicare la tua età e non altri dati anagrafici. Addirittura esistono meccanismi che permettono all’utente di fornire – in maniera crittografica – la prova di avere 18 anni senza che lo stesso utente debba condividere l’età esatta (c.d. zero knowledge proof).

La Self-sovereign identity, tuttavia, ha dei “limiti” operativi che dobbiamo avere presente: la gestione delle chiavi crittografiche richiede infatti un certo impegno e impone dei limiti di funzionalità.

Ad esempio, non è permesso il recupero della password che consente di accedere ai propri dati. Perciò, in caso di smarrimento della chiave privata che custodisce l’identità dell’utente, questa non potrà essere recuperata al pari dei dati ad essa associati. Andrebbe ricostruita la propria identità digitale con un impegno di tempo personale (per esempio).

3. PRIME APPLICAZIONI

La prospettiva offerta da questo nuovo modello di identità digitale suscita un certo interesse fra gli operatori del mercato, tanto è vero che sono già disponibili le prime dApp (acronimo di applicazioni decentralizzate) che forniscono questo tipo di servizio (fra queste si segnala:

La finalità di questi servizi, senz’altro nobili perché si pongono a tutela di chi è il “proprietario” dei dati.

Self-Sovereign Identity ha lo scopo di superare lo stato attuale che produce la frammentazione dell’identità personale sulle varie applicazioni web/app, organizzando un modello basato su un sistema decentralizzato che consente alle persone/utenti di governare l’utilizzo dei propri dati e la loro condivisione a favore di terze organizzazioni (pubbliche, private, ecc.).

MDM

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BLOCKCHAIN – OK STO (Secuirty Token Offering)

STO

Il nuovo regolamento UE sui prospetti aziendali sarà operativo dal 21 Luglio 2018 dando nuovo slancio a progetti e iniziative per la raccolta di capitali e per finanziare startup.

Nuovo impulso al mondo variegato della Blockchain, finalmente il 21 luglio 2019 il nuovo regolamento UE sui prospetti diventerà operativo in tutti gli Stati membri dell’UE. Questo si aggiunge alla nuova Legge italiana, che rende “legale” la tecnologia Blockchain (siamo ancora in attesa delle linee guida dell’AGID).

I due provvedimenti, sebbene diversi tra loro per argomento e approccio, insieme rappresentano una grande nuova opportunità per chi desidera investire e/o progettare nuove iniziative ICT basate sulla tecnologia DLT/Blockchain.

Le nuove norme UE, abrogano le precedenti (del 2003) e introducono nuove regole che daranno sicuramente una grande spinta al settore delle criptovalute e delle security token (STO) circostanziando meglio in Europa lo sviluppo delle “offerte pubbliche”.

L’innovativo insieme di norme, è stato definito con l’obiettivo di permettere alle PMI di dotarsi di strumenti più semplici e meno dispendiosi per trovare canali alternativi di finanziamento e fondi sui mercati.

Ma possiamo immaginarci anche tanti altri casi d’uso come ad esempio:

  • Valorizzazione del Patrimonio Immobiliare pubblico e privato, che potranno ri-generare valore per la comunità e il mercato.
  • Avviare iniziative di Project Financing basandosi sul principio delle STO
  • Progetti di Ricerca e Sviluppo scientifico sostenuti con la formula dello STO e sfruttamento/remunerazione dai nuovi brevetti
  • Sostenere e avviare Contratti di Rete tra aziende basate su specifici progetti
  • Finanziare progetti di acquisto di beni destinati a grandi investimenti di macchinari e infrastrutture partendo da progetti validi e certificati con ROI tangibili.
  • Valorizzazione di opere storiche e artistiche
  • Nuovi sistemi pensionistici e sanitari

Ma l’elenco potrebbe continuare, perché veramente l’unico limite in questo caso è la nostra fantasia.

Perché normare le STO e il Prospetto Informativo?

Da quando si è iniziato ad osservare il fenomeno ICO (Initial Coin Offering) come un tema con caratteristiche anche di tipo speculativo, è iniziata una sorveglianza rispetto a dei fattori di rischio e delle criticità legate a questo tipo di iniziative.

Quello delle truffe e delle iniziative poco trasparenti è stato un fenomeno che nel tempo ha frenato in modo deciso lo sviluppo delle ICO, lo strumento cioè attraverso il quale molte aziende e startup hanno voluto finanziare i propri progetti e il proprio sviluppo.

Diverse iniziative, hanno creato grande scetticismo, sia a livello di investitori, sia per quanto riguarda i regolatori. Questa realtà ha consolidato opinioni negative dovute alla elevata quantità di ICO lanciate, non avevano una vera o potenziale visione di prodotto/mercato/redditività e, in presenza anche di numerose truffe.

Questi rilevanti problemi, hanno contribuito ad imprimere una svolta finalizzata alla ricerca e lo sviluppo e la creazione di una nuova forma di ICO, che ha portato ai Security Token Offering (STO) che garantiscono requisiti e regole certe da osservare, che minimizzano i potenziali fattori di rischio e incrementando le procedure di controllo e verifica.

Per superare questo ostacolo sta emergendo un nuovo genere di ICO, la Security Token Offering, che propone agli investitori l’acquisto di Token sotto forma di security, di “titoli” cioè che passano attraverso il controllo di autorità preposte, chiamate a certificare che si tratti strumenti finanziari negoziabili e che riportino un valore monetario.

Il fenomeno ICO si può riassumere nella tabella sottostante che evidenzia, l’iniziale suo interesse da parte del mercato e, il suo successivo fallimento dovuto a quanto precedentemente raccontato.

I Security token possono così essere considerati come quote di partecipazione a una società, consentendo di prendere parte alla redditività (distribuzione degli utili o alla percezione di dividendi), o rappresentare un debito obbligazionario o proprietà immobiliari, contribuendo così a dare una garanzia agli investimenti di chi ha deciso di credere in un progetto.

Chi è esonerato dall’obbligo di pubblicare un prospetto

L’UE (dal 21/07/2018) ha adottato un nuovo schema di norme, che esentano chi emette titoli, dall’obbligo di redigere un prospetto informativo se l’offerta è al di sotto di una certa soglia.

Le soglie, sono state decise da ogni nazione rispettando l’articolo 3.2 del regolamento, che prevedono un margine di discrezionalità per le esenzioni tra uno e 8 milioni di euro.

L’Italia, la Francia, il Regno Unito, la Danimarca e la Finlandia hanno optato per la soglia più alta di 8 milioni di euro, scelta che può favorire lo sviluppo delle STO perché questa soluzione si adatta particolarmente bene alla media delle startup focalizzate sul mondo delle criptomonete; tutto questo consente loro un modus operandi più semplice ai per acquisire finanziamenti all’interno dei loro paesi d’origine.

Nota bene, dal momento che non c’è bisogno di un prospetto, la raccolta fondi dovrà essere limitata per ora al paese d’origine.

Il nuovo “Prospetto di crescita” per le PMI

Dal 21 luglio 2019 le società europee che non rientrano nelle soglie per l’esenzione e che volessero emettere security token potranno farlo utilizzando una nuova forma di prospetto semplificato, che prende il nome di “Prospetto di crescita”. Si tratta di un processo abbastanza diretto e dai costi contenuti se paragonato alla media dei prospetti altrimenti necessari.

L’articolo 15 ha inoltre ampliato la definizione di PMI, che potranno adottare il prospetto semplificato, comprendendo anche le società che rispondano ad almeno due dei criteri sotto evidenziati, avere:

  • meno di 250 dipendenti,
  • un bilancio complessivo che non superi i 43 milioni di euro,
  • un volume d’affari annuo che non oltrepassi i 50 milioni di euro. 

Gran parte delle PMI all’interno dell’UE, rientrano in questo ambito, ma il legislatore europeo si è andato oltre questa definizione, e ha deciso di estendere i vantaggi del prospetto semplificato anche ad altre aziende.

In particolare, qualunque altro emittente i cui titoli siano trattati o si apprestino a esserlo sul mercato delle PMI, a condizione che queste aziende abbiano una capitalizzazione di mercato inferiore ai 500 milioni di euro sulla base dei dati finanziari di fine anno per i tre anni precedenti. Un altra possibilità è estesa anche a qualunque altro emittente, purché l’offerta pubblica non vada oltre i 20 milioni di euro per un periodo di 12 mesi (gli emittenti osservino la condizione che non abbiano altri titoli scambiati sul mercato delle PMI e non abbiano un numero di dipendenti superiore alle 499 unità).

Il format specifico e le informazioni contenute all’interno del prospetto di crescita sono state esplicitate in una direttiva delegata adottata recentemente dalla Commissione UE.

La portabilità semplificata del prospetto all’interno dell’Unione europea

Sempre dal 21 luglio 2019, il processo per l’ottenimento del certificato di approvazione che attesti che il prospetto è stato emesso nel rispetto delle nuove diventerà più semplice.

E’ bene ricordare, che in virtù del fatto che si tratta di un regolamento e non di una direttiva, non sono più necessari adempimenti aggiuntivi, ma il regolamento entrerà automaticamente in vigore all’interno dei sistemi legislativi nazionali, eliminando in questo modo il rischio di incongruenze. In questa maniera, una volta che un prospetto di crescita di una STO è approvato in uno stato UE, questo sarà valido per ogni offerta di Security Token all’interno della stessa UE.

L’entrata in vigore del nuovo regolamento sui prospetti, (che prevede esenzioni chiare per alcune emissioni di titoli), accoppiata con il nuovo “prospetto di crescita” e alla semplificazione della procedure di portabilità, potrebbe diventare uno strumento potente per le aziende che vogliano accedere al mercato dei capitali in Europa emettendo nuovi security token e/o tokenizzando titoli esistenti. In Italia, tutto questo, lo abbiamo idealmente abbinato anche alla recente legge sulla valenza legale della Blockchain creando un ecosistema tecnologico-legislativo-finanziario-economico che può dare un contributo ad un nuovo tipo di PIL, con ricadute positive anche in ambito occupazionale (tanto lavoro per Studi Legali, società ICT, intermediari finanziari, Startup, Fintech, Insurtech, Banche).

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Blockchain, una speranza per il nostro prossimo futuro tech?

In questi giorni si è tanto parlato e discusso di sicurezza, privacy, big data, dati personali, social network, manipolazione delle informazioni e delle notizie riguardo alla nota vicenda Faceboock-Cambridge Analytica.

Queste discussioni hanno generato, come era prevedibile, grandi riflessioni e generato nell’opinione pubblica grande preoccupazione e grande disorientamento nelle persone.

Tutti noi, però, siamo ben consapevoli che un servizio gratuito come Facebook “nasconde” una contropartita transazionale (un pagamento) che noi effettuiamo, “donando” i nostri dati personali (la nostra personale cryptovaluta). Era, quasi ovvio e scontato, che Facebook ricavasse valore da queste transazioni (oltre alla vendita della semplice pubblicità).

Naturalmente questo ultimo caso (Faceboock-Cambridge Analytica) ci ha messo di fronte alla nuda e cruda realtà, i nostri dati personali (età, sesso, religione, amici/nemici, fotografie, spostamenti e posizioni geografiche, religione, razza, famiglia, lavoro, relazioni personali, etc. etc.) sono oggetto potenziale di qualsiasi tipo di utilizzo, manipolazione e commercio (lecito e illecito).

Ma fatta questa breve premessa sui recenti fatti, oggi dobbiamo necessariamente fare alcune riflessioni in funzione anche delle nostre specifiche competenze ed esperienze nell’ambito ICT.

Facebook, Amazon, Google, Apple – soprannominati OTT (Over The Top)-, chi più chi meno di questi attori, si è avvicinato al mondo dei sistemi di pagamento e/o finanziari/Fintech. Infatti, alcuni di questi operatori, hanno già richiesto ed ottenuto la licenza bancaria in Europa come proprio Facebook. Amazon ha dichiarato che un suo prossimo obiettivo è quello di commercializzare i farmaci e le polizze assicurative, Apple e Samsung di fatto già operano una intermediazione con i loro “PAY” una buona parte delle transazioni delle carte di credito.

Bene! Anzi male, malissimo e secondo il mio modesto parere il perchè lo possiamo spiegare ipotizzando uno scenario dove se a questi soggetti (OTT) arriveranno nelle loro disponibilità la somma dei nostri dati personali (tutti) + i dati finanziari personali + i dati sanitari personali praticamente abbiamo venduto (a pagamento) la nostra vita a terzi (gli OTT) e non saremo più liberi di disporre della nostra autodeterminazione nelle scelte, nel pensiero, nelle azioni.

Pensiamo al contrario, per un attimo, se alle nostre banche, dove conserviamo i nostri soldi, arrivassero i dati dei nostri acquisti, delle nostre malattie, delle nostre relazioni, dei nostri orientamenti politici, dei nostri spostamenti, etc. etc.. Qualche brivido lo avvertiamo!

Oltre queste, se vogliamo banali considerazioni, l’ulteriore domanda che ci dobbiamo porre è come si andranno ad “incastrare” e governare le nuove normative europee del settore come la PSD2 (la normativa che regola i sistemi di pagamento in europa) e il GDPR (la normativa che riscrive le regola sulla privacy) secondo questi scenari?

Credo di non sbagliarmi a pensare che tutti questi temi e problemi (di grande rilievo epocale sociale-tecnologico) sul tavolo, possono (e secondo me devono) essere risolti dalla nuova tecnologia nascente della Blockchain (la tecnologia alla base dei Bitcoin) che di fatto nasce e cresce per eliminare le intermediazioni (di chi gestisce i dati) crittografare le transazioni, aumentare la sicurezza, tenendo contemporaneamente traccia e memoria nel tempo delle stesse transazioni (magari riducendo anche i costi e i processi) basandosi su un registro (ledger) che è di tutti (e quindi di nessuno): ecco la SOLUZIONE ai nostri problemi e preoccupazioni (forse!).

Infatti, è recente la notizia che anche questa volta, gli OTT vogliono avere un ruolo nella Blockchain, ancora una volta, vorrebbero (secondo il mio modesto parere e spero di sbagliarmi) governare e imbrigliare il mondo “open Source” un mondo che vuole essere più open e più libero.

Possiamo immaginarci una Blockchain che gestisca i social network (vecchi e nuovi), le banche e le sue attività, i nostri account, le nostre informazioni sanitarie, le nostre relazioni, i nostri spostamenti? ritengo proprio di si e, tutto questo apre anche nuovi scenari di business su cui tutti possiamo incominciare a guardare e a lavorare in diversi settori trasversali: la logistica, la sanità, l’industria e IoT, la finanza, i pagamenti elettronici, l’agricoltura, i servizi, le utility, le assicurazioni, le telecomunicazioni.

Non a caso, si è comunemente affermato che la Blockchain rappresenta una rivoluzione tecnologica e concettuale, paragonata alla nascita della Rete Internet.

Pertanto, la vera prossima scommessa è evitare ancora una volta un ulteriore e immotivata concentrazione di potere e di governo degli OTT sulla nascente tecnologia Blockchain evitando così facili scalate e rendere più democratica aperta e condivisa la diffusione di questa tecnologia: #freeblockchain !

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Nuovo Progetto Fintech

Nasce VUOLLY

Vuolly, il mobile wallet arriva sugli smartphone degli italiani

Il Fintech ha aperto la strada a nuovi servizi e soluzioni ICT ed InformAmuse lancia il nuovo digital wallet.

L’utilizzo dei mobile wallet è in continua crescita e coinvolge sia uomini che donne, cresce la percentuale dei millennials e degli over 50 che utilizzano servizi digitali per effettuare pagamenti in-store.
Il portafoglio verrà gradualmente abbandonato per trasformarsi in una semplice app da portare sempre con sé sullo smartphone.

Il mobile wallet nel mercato italiano

La crescita dei New Digital Payment proseguirà nei prossimi anni (superando nel 2020 i 100 miliardi di euro), a scapito di strumenti di pagamento più inefficienti come il contante e, in parte, in sostituzione degli Old Digital Payment. Il contributo maggiore a questa crescita sarà probabilmente riconducibile ai Contactless Payment e ai Mobile Proximity Payment.

Secondo uni’indagine condotta dall‘Osservatorio Mobile Payment & Commerce, in collaborazione con Doxa, su circa 1.000 navigatori internet da Smartphone, tre Mobile Surfer su quattro utilizzano lo Smartphone lungo il processo d’acquisto ed in particolare il 42% lo usa per fare acquisti, il 75% utilizza almeno sporadicamente i comandi vocali e uno su tre utilizza l’impronta digitale per accedere alle proprie App.

Questo nuovo trend ha spinto InformAmuse, PMI innovativa e Blockchain Company di Palermo, a pensare ad una soluzione innovativa in grado di semplificare le azioni quotidiane degli italiani.

Vuolly, il nuovo mobile wallet

Il portafoglio sta per esplodere? Troppe carte si sono accumulate nel tempo?

Ottenere carte digitali è semplice e sicuro.

Il sistema implementato garantisce il massimo livello di affidabilità, proteggendo l’App con password alfanumerica, impronta digitale o riconoscimento facciale per rendere impossibile l’accesso a terzi e salvaguardare documenti e dati personali sul proprio smartphone.

Basta scaricare l’App, gratuita e senza pubblicità, sul proprio smartphone Android o iOS e registrarsi inserendo i propri dati identificativi per poter utilizzare i servizi e iniziare a digitalizzare il proprio portafoglio ottenendo:

  • Carte fedeltà da mostrare direttamente alla cassa utilizzando i codici a barre;
  • Documenti personali sempre con sè pronti per essere condivisi;
  • IBAN e carte di pagamento salvate e protette all’interno dell’app per effettuare gli acquisti online e o condividere i dati per la gestine di bonifici o incassi.

Vuolly utilizza la fotocamera per la scansione e la memorizzazione delle carte di pagamento e dei documenti personali, la geolocalizzazione invece per filtrare le carte fedeltà dei negozi più vicini alla posizione rilevata dell’utente, con una user experience semplice e intuitiva consentendo ai propri utenti di utilizzare il proprio portafoglio digitale in qualsiasi occasione anche senza la connessione internet.

Una sfida tecnologica

mobile wallet

Appena nata, il wallet ha importanti ambizioni e si propone di soddisfare le esigenze sia di utenti finali, merchants e Istituti di Credito pronti ad offrire un servizio alternativo e innovativo.

Il nostro team sta già lavorando su nuove funzionalità: la possibilità di ricaricare il proprio cellulare, conservare utilizzare e scambiare criptovalute o integrarsi con i sistemi bancari di Banche Partners.
La mobile app sarà inoltre proposta in una soluzione “white label” per Istituti di Credito che vorranno dotarsi di un loro personale e personalizzato wallet.

Noi siamo una Blockchain Company e i nostri sviluppatori stanno già lavorando sulle nuove funzionalità disponibili presto su Vuolly legate al Fintech e alla Blockchain per offrire significative opportunità agli esercenti, ai consumatori e alle banche sempre più in cerca di metodi di scambio digitali e relazioni innovative abilitate dai sistemi di pagamento già previsti nella nuova normativa europea della PSD2”, afferma Marco Di Marco Direttore Marketing di InformAmuse.

“Dalla fine del 2017 InformAmuse ha deciso di esplorare il nuovo mercato legato alle tecnologie  Fintech, credendo fermamente di poter contribuire allo sviluppo di prodotti a valore aggiunto in questo ambito, forte della propria esperienza tecnica. Oggi, con Vuolly facciamo ufficialmente ingresso nel mercato Fintech intravedendo nel breve periodo ulteriori servizi da offrire al mercato, quali i servizi di certificazione su blockchain e i pagamenti digitali anche con criptovalute.” dichiara l’Amministratore Unico dell’Azienda Antonio Gentile.

L’App è disponibile gratuitamente su App Store e Google Play.
Vuolly, il tuo portafoglio in un’app. Perchè non la provi?

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